TEMA: L'ALTRA PERSONA

Che cosa significa incontrare un'altra persona?

1. Levinas 2. Marcel 3. Picard

Tema di riflessione
 Cosa significa incontrare qualcuno?


TheOtherCaption Sono solo nella stanza. C'è un tavolo, due sedie, e un quadro alla parete - ma questi oggetti non eliminano la mia solitudine. Anche con questi oggetti, io sono ancora solo. Sono io e nient'altro.

Improvvisamente, qualcuno entra nella stanza e io non sono più solo. Ora mi sento diverso.

Cosa è successo? Che cosa mi ha fatto questo "qualcuno", che il tavolo e le sedie e il quadro non riuscivano a fare? Mi ha cambiato?

Ora sono con qualcuno e la sua presenza mi offre nuove possibilità: posso scherzarci insieme, posso combattere, posso essere geloso o compassionevole o imbarazzato, oppure posso amare. Che cosa significa questo "qualcuno"?

 

  Citazione della terza settimana di novembre

EMMANUEL LEVINAS

Il volto dell'altro

Emmanuel Levinas (1906-1995) è stato un filosofo francese ebreo. Cresciuto in Lituania, ha ricevette un'educazione ebraica. Si trasferì in Francia per studiare filosofia nel 1924. rruolatosi nell'esercito francese, trascorse gran parte della seconda guerra mondiale come prigioniero di guerra in Germania, e n quanto ebreo visse notevoli difficoltà. Dopo la guerra continuò a insegnare e a scrivere sul pensiero ebraico e sulla filosofia. A partire dagli anni '50 fu considerato uno dei maggiori pensatori francesi.

 

Emmanuel LevinasI passi seguenti sono tratti dal saggio di Levinas intitolato Etica come filosofia prima (alcune frasi sono state semplificate a causa dello stile complesso dell'autore). Questo testo esprime un tema centrale della filosofia di Levinas: l'etica viene prima di ogni metafisica oggettiva od ogni teoria della conoscenza. 

Per Levinas, l'altra persona non è un oggetto, né può essere conosciuta. Essa è differente, è un'alterità. L'incontro con l'Altro viene addirittura prima di ogni altra conoscenza filosofica - prima anche della coscienza di se stessi o della coscienza di qualcosa. Tale incontro è il punto di inizio della filosofia.

L'Altro mi appare attraverso il suo volto, e il volto è esposto, nudo, vulnerabile. Questo volto vulnerabile è una chiamata rivolta a me che dice: "Non uccidermi!". In questo senso, ad apparire sul volto dell'Altro è la sua morte, sempre possibile. Per questo motivo, il volto diviene una richiesta etica rivolta a me. Io sono responsabile dell'altro, incondizionatamente responsabile. Questa responsabilità infinita reca in sé una traccia di infinità - in altre parole, Dio e il suo imperativo etico


 


LevinasFace1
Nei miei saggi filosofici ho parlato spesso del volto dell'Altro come dell'inizio di tutto ciò di cui si possa fare esperienza. Posso ora descrivere in breve, ancora una volta, come il volto irrompe nel mondo fenomenico delle apparenze?

Il significato del volto è la sua vicinanza. Questo significato va oltre le forme, le quali provano a coprire il volto come una maschera presente alla percezione. Il volto, però, arriva sempre a mostrarsi anche attraverso queste forme. Prima di ogni espressione particolare, e al di sotto di ogni altra espressione che copre e protegge l'Altro con un qualsiasi aspetto o atteggiamento, si trova la nudità e l'indigenza. In altre parole, c'è lo smascheramento estremo, la mancanza di difese, la vulnerabilità. […] Fin dall'inizio, nel volto c'è il suo abbandono alla morte invisibile, a questa misteriosa fine. Oltre la visibilitè di tutto ciò che si può vedere, e prima di ogni conoscenza della morte, c'è la mortalità dell'Altro.
[…]
LevinasFace2Nel suo essere mortale, il volto mi chiama, mi cerca, come se la morte che l'Altro deve affrontare fosse un affar mio. E' come se questa morte invisibile, di cui l'Altro non si accorge, "riguardasse" già me stesso, ancor prima di venirmi incontro, divenendo così una morte che mi guarda in faccia.La morte dell'altro uomo mi chiama in ausa, come se, con l'indifferenza che io potrei mostrare in futuro, io potessi essere responsabile della morte a cui l'Altro è esposto - come se io dovessi giusitifarmi per la morte dell'Altro, e accompagnare l'Altro nella sua solitudine mortale. L'Altro diviene il mio vicino proprio tramite il modo in cui il suo volto mi chiama, ricordandomi con ciò della mia resposabilità e chiamandomi in causa.

LevinasFace3Responsabilità per l'Altro, per il volto nudo della prima persona che mi ompare di fronte. Una resposnabilità che va oltre ciò che
 io ho fatto o non ho fatto all'Altro, come se io fossi fedele all'altro uomo prima di essere fedele a me stesso. O, più esattamente, come se io dovessi rispondere della morte dell'Altro ancor prima di essere. Una responsabilità non colpevole, nella quale, tuttavia, io sono aperto a un'accusa da cui nessun alibi mi potrebbe scagionare. […] Una responsabilità che viene da un tempo situato prima della mia libertà - prima del mio inizio, prima di ogni momento presente. […] La responsabilità per il mio prossimo viene da un passato che non è mai stato presente, che è più antico di ogni coscienza che si possa avere di qualcosa. Una responsabilità per il mio prossimo, per l'altro uomo, per lo straniero o l'ospite (come si esprime la Bibbia), al quale nulla mi lega a livello ontologico - nulla che sia nell'ordine delle cose, del "qualcosa", del "numero", della "causalità".

 

 

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